Per Pietro Martini, Customer Experience Lead di BearingPoint Italia è importantissimo che le aziende parlino con i loro clienti: “Immedesimiamoci in loro, bisogna essere proattivi e regalare un’esperienza personalizzata”
«La Customer Experience (CX) si evolve a velocità diverse a seconda del settore, noi con BearingPoint operiamo trasversalmente in diversi campi. La CX è una tematica della quale si parla da molti anni, negli ultimi dieci anni se ne discute in maniera costante perché è un argomento di cui non se ne può fare a meno. Oggi abbiamo consumatori in costante evoluzione, sempre più esigenti e sempre più informati, con dei bisogni culturali e sociali in continuo cambiamento ed è inevitabile che le aziende debbano stare al passo con questo».
Pietro Martini (in foto), Customer Experience Lead di BearingPoint Italia, ha le idee chiare ed è per questo che si è fatto strada in un settore tanto bello quanto complesso all’interno una multinazionale indipendente di consulenza strategica, manageriale e tecnologica con sedi in tutto il mondo.
«E’ importante soddisfare i bisogni dei clienti. Spesso i clienti ritengono che l’esperienza sia più importante del prodotto stesso – afferma Martini – Può capitare che un cliente ritenga più importante l’esperienza anche della qualità ed è per questo che un cliente soddisfatto, e che ha vissuto una Customer Experience positiva, è un cliente che non solo tornerà ad acquistare presso quell’azienda ma che tendenzialmente raccomanderà il prodotto ad altre persone».
Le contraddizioni esistenti e le implicazioni per il business
La Customer Experience è tanto discussa ma ci sono anche tantissime contraddizioni che riguardano il settore e comportano implicazioni per il business. Si pensi che oltre l’80% dei business leader ritengono che la Customer Experience è una priorità e che è importante investire in CX ed offrire Customer Experience di qualità ai propri clienti. L’altro lato della medaglia però ci dice che spesso i clienti percepiscono che la Customer Experience non è ancora quella che si aspettano. Questa è una prima contraddizione.
Spesso le aziende sono convinte di conoscere i loro clienti ma dall’altra parte c’è il cliente che magari vuole cose completamente diverse di cui l’azienda non è a conoscenza. La visione che l’azienda ha dei suoi clienti non combacia con quello che il cliente effettivamente vuole.
«Tutto ciò ha un impatto sul business. Può capitare che un’azienda, con le sue strategie ed i suoi programmi, si focalizza su attività che per il cliente non sono prioritari rischiando di sprecare energie e risorse che invece potrebbero essere dirottate laddove il cliente vorrebbe – afferma Pietro Martini – Si rischia, dunque, che l’azienda fa investimenti che vanno in una direzione opposta a quella in cui va il cliente».
«Cosa fare? Tra le azioni che si possono mettere in campo per limare questi vizi di fondo bisogna mettersi il cappello del cliente e parlare coi clienti. Sembra scontato, sembra strano ma sono tante le aziende che non parlano con i loro clienti, sia in modo quantitativo che qualitativo. Si chiudono nelle loro stanze e pensano quello che il cliente vuole ma non parlano con loro».
Il segreto per regalare una Customer Experience di qualità è parlare ai propri clienti
In un mondo sempre più interconnesso fa strano pensare che tra gli ostacoli da superare per le aziende ci sia proprio la comunicazione con i propri clienti. Eppure è così e tra gli errori che si commettono quello più grave è, forse, dare per scontato di conoscere i desideri ed i bisogni dei consumatori. E allora come si può parlare con i propri clienti?
«In tanti modi più o meno strutturati, consigliamo sempre prima di seguire una fase qualitativa e poi una fase quantitativa. Iniziamo con l’intervistare il cliente, parliamo con loro. Poi nella fase successiva pensiamo al mystery shopping, mettiamoci nei panni del cliente vivendo la sua esperienza ed empatizziamo con lui. Tutto questo ci consente di adottare l’ottica del cliente, capire ciò che realmente vuole – continua Martini di BearingPoint Italia – bisogna sempre fare attenzione quando si parla con dei clienti sempre il rischio di prendere un abbaglio. Un conto è parlare con qualche decina di clienti e un conto è generalizzare su tutti loro».
«Diciamo che questo approccio quantitativo ci consente di identificare tutta una serie di spunti di riflessione sui quali muoversi che poi possono essere testati quantitativamente con approcci tradizionali come test sul campo, che ci consentono di capire come reagisce il cliente, o dei survey con cui si propongono ai clienti una serie di soluzioni, attività e spunti e si vede come si reagisce. Questo ovviamente consente di passare da ragionamenti qualitativi a ragionamenti quantitativi che possono essere estesi all’intera base clienti» continua il dirigente di BearingPoint Italia.
Il contributo dell’intelligenza artificiale applicata alla Customer Experience
«In BearingPoint c’è la possibilità di analizzare tutti i dati di cui un’azienda dispone, si creano dei profili virtuali digitali dei clienti e si può interagire con questi clienti digitali permettendo di anticipare quelle che potrebbero essere obiezioni o discussioni con i clienti – dice Martini – Immagini di poter avere, prima di parlare con un cliente, la possibilità di interagire con un cliente virtuale. Grazie all’intelligenza artificiale si può interagire tramite chatbot con un cliente virtuale testando delle proposizioni commerciali, la sua soddisfazione sul prodotto, l’attività di cross selling prima ancora di parlare con un cliente reale».
Con l’intelligenza artificiale, applicata alla Customer Experience, si ha la possibilità di prevenire quelle che potrebbero essere le obiezioni dei clienti e di trasformare una chiamata di insoddisfazione in una proposizione dove il cliente percepisce di non essere un numero ma un nome e cognome con caratteristiche, sa che l’azienda lo conosce e quindi la stessa azienda ha la possibilità di essere proattiva, di farsi sentire vicina e di personalizzare l’esperienza di vendita.
«Il cliente negli ultimi anni sta cercando sempre di più la personalizzazione dell’esperienza, non deve essere più una relazione transazionale, basata sulla vendita di un prodotto o di un servizio, ma deve essere un’esperienza dove l’azienda è proattiva e si immedesima nel cliente offrendo qualcosa di personalizzato – afferma Pietro Martini – L’intelligenza artificiale in questo può dare un contributo e si sta evolvendo sempre di più negli anni, pensiamo alle chatbot che rispetto a qualche anno fa stanno facendo dei passi avanti evidenti legato all’utilizzo dell’IA e dei dati su cui si fa leva per interagire in maniera più personalizzata con un cliente anticipando i suoi bisogni, risolvendo i suoi problemi più velocemente etc».
I dati sono un asset sempre più importante per le aziende
«Si cerca di interagire con il cliente e raccogliere un suo feedback, negli ultimi anni abbiamo visto una ricerca tesa a raccogliere quanti più dati possibili ora siamo al punto in cui questi dati devono essere utilizzati – conclude Martini di BearingPoint Italia – E una volta che il cliente sa che i suoi dati sono stati raccolti, il cliente si aspetta che questi dati vengano utilizzati. Prima il consumatore era più scettico oggi capisce, rispettando le normative vigenti, l’importanza dei dati utilizzandoli per offrire un’esperienza personalizzata».
Customer Experience. BearingPoint, Martini: “Bisogna puntare a soddisfare i bisogni dei clienti”