Il Mezzogiorno ha competenze artigiane straordinarie che contribuirebbero allo sviluppo del Made in Italy ma molti brand non investono al Sud
Tempi duri per il Made in Italy e per l’artigianato campano. Se da un lato pullulano notizie in merito al sequestro di diversi laboratori “artigianali” del nord Italia che lavoravano conto terzi per i grandi marchi della moda senza rispettare le minime norme in materia di salute e tutela dei lavoratori, dall’altro si legge lo sconforto nel volto di imprenditori del mezzogiorno che vedono le loro commesse diminuire o addirittura azzerarsi.
«Fare impresa al Sud è difficile, ma non è impossibile – ci dice un imprenditore che preferisce rimanere anonimo per timore di conseguenze – noi lottiamo ogni giorno in territori, talvolta, martoriati ed abbandonati dalle istituzioni ma riusciamo a portare avanti la nostra attività perché la qualità artigianale dei nostri dipendenti è superiore alla media».
In effetti la manualità artigiana campana, ed in particolar modo quella partenopea, è conosciuta in tutto il mondo. Fiore all’occhiello di Made in Italy, sinonimo di garanzia e qualità apprezzata dai buyer internazionali che vogliono indossare prodotti italiani e sposare la storia che è dietro quel preciso capo artigianale.
«Non è vero che al Sud non ci sono imprenditori, non è vero che Napoli è la patria della contraffazione e che qui non si rispettano le regole – ci dice un altro terzista – nella mia azienda do lavoro a circa 100 persone, tra diretti ed indiretti, e tutti hanno i loro diritti, applichiamo il contratto collettivo nazionale e premiamo i nostri collaboratori. Il concetto di fabbrica è cambiato rispetto al passato, per fortuna. Qui siamo innanzitutto amici, c’è rispetto reciproco, siamo una famiglia ed anche questo ci consente di lavorare al meglio e garantire la qualità che un prodotto Made in Italy di fascia alta merita».
«Qui garantiamo la qualità del Made in Italy in termini di materiali, di manualità ed anche in termini umani – ci dice un’imprenditrice campana che lavora per uno dei marchi di moda più conosciuti al mondo – Il cliente che compra una borsa che costa 2500 euro vuole la qualità a 360 gradi. Vuole sapere che dietro quel capo c’è l’esperienza italiana ma anche che si garantiscono i diritti dei lavoratori».
«Anche questo è sinonimo di qualità e i brand lo sanno ed è per questo che scelgono con cura i loro terzisti. In un mondo così globale non si può sbagliare, una notizia può fare il giro del mondo in 80 minuti, altro che 80 giorni come scrisse Jules Verne. Vabbè che il libro venne pubblicato nel 1872, ora siamo nel 2024 e con internet è tutto diverso» conclude l’imprenditrice.
Ebbene il “Made in Italy” sta veramente abbandonando il Sud? Lo abbiamo chiesto ad alcune delle aziende di moda più importanti al mondo. Qualcuno ci ha chiamato dandoci spiegazioni, li ringraziamo. Altri non hanno neanche risposto alle nostre domande eppure per correttezza abbiamo aspettato per scrivere l’articolo.
Abbiamo detto ai colossi della moda italiani se potevano risponderci entro il 1 Giugno così da poter pubblicare l’articolo, anche con le loro dichiarazioni, entro il 3 Giugno 2024. Ma nulla, solo pochissime realtà ci hanno degnato di attenzione. Solo pochissime realtà hanno dato attenzione al destino, ed alle legittime preoccupazioni, del Mezzogiorno.
Non abbiamo ricevuto risposte da aziende come Gucci, Bottega Veneta, Fendi, Prada, Bulgari. Nessuna risposta da parte di questi gruppi a cui avevamo semplicemente posto le seguenti domande:
- È vero che l’alta moda si sta allontanando dalle aziende produttrici del sud Italia?
- Voi in percentuale avete più terzisti al Nord o al Sud e con le imprese del Sud Italia che rapporti avete?
- Come valutate la manodopera artigianale del Sud?
Chissà magari ci risponderanno, e noi saremo felici di riportare le loro dichiarazioni. Il Sud è un territorio difficile ma è ricco di capacità artigiane che meriterebbero di essere valorizzate. Questi grossi brand del lusso potrebbero avere un’opportunità che entrerebbe nella storia, mettersi una spilla al petto per il contributo che darebbero valorizzando le “imprese sane” del Mezzogiorno e contribuendo allo sviluppo del Sud Italia.
Quel Sud che è così ricco di maestranze ma anche così desideroso di occupazione e lavoro. Perché un giovane sarto dovrebbe abbandonare la propria terra per trasferirsi al nord? Se vanno via queste maestranze, parte sana della società, chi rimane in questi territori. Ecco l’opportunità che hanno i grossi colossi della Moda, rilanciare il Mezzogiorno.
Made in Italy, l’alta moda sta abbandonando la manodopera del Sud?
Made in Italy, l’alta moda sta abbandonando la manodopera del Sud?