Intervenendo sul tema della pace fiscale i commercialisti chiedono un sistema più sostenibile e minore pressione sui contribuenti
ROMA. “Nel dibattito sulla pace fiscale l’unica certezza è che bisogna ragionare sui veri limiti del fisco italiano. Lo diciamo da terza parte, equidistante in questo dibattito ma interessata in quanto rappresentante dei primi operatori economici/fiscali del Paese, decine di migliaia di professionisti che operano sul territorio, facendo da intermediari tra cittadini, imprese e Stato. Il sistema del fisco non è sostenibile rispetto alle esigenze del Paese e non permette ai contribuenti di mantenere, finanziariamente, l’attuale (eccessivo) carico fiscale. È necessario che la pressione diminuisca, e che diminuiscano anche le spese accessorie, le sanzioni e gli interessi. Sono questi, infatti, i fattori che più incidono sui conti delle aziende e dei contribuenti”.
Lo afferma Matteo De Lise, presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili.
Il presidente dei commercialisti commenta che nello scontro tra Salvini e Ruffini “la ragione è nel mezzo. Il vicepremier non ha torto quando ricorda che occorre liberare gli italiani ostaggio da troppi anni di piccoli debiti, nati a volte anche per una scelta di sopravvivenza economica, ormai incagliati ed impossibili da incassare per lo stato. E che bisogna evitare di avere cittadini di serie B. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, dal canto suo, sostiene correttamente che combattere l’evasione fiscale è un atto di giustizia nei confronti di chi paga le tasse e non sarebbe corretto, quindi, innestare il condono”.
Di fatto, spiega il presidente dei giovani commercialisti, le soluzioni individuate fino ad oggi non hanno dato dati i frutti sperati. “Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, per la rottamazione delle cartelle avviate tra il 2016 e il 2018, gli incassi sono stati di 19,9 miliardi di euro rispetto ai 53,9 ipotizzati. Nel 2018, poi, del Saldo e Stralcio hanno approfittato poco meno di 400mila soggetti versando 700 milioni di imposte a fronte di 1,3 miliardi previsti. Tra l’altro, le imprese vivono un periodo storico di grande incertezza, con un livello di rischio creditizio medio-alto per quasi un’impresa su due, secondo le ultime indagini”.
“Significa, lo diciamo da tempo e continueremo a farlo, che servono riforme organiche anche in materia di riscossione e non provvedimenti spot che, come strutturati nel recente passato, non hanno interessato la maggioranza dei contribuenti o non erano utilizzabili da chi realmente era interessato. La normativa che ha introdotto la rottamazione dei ruoli doveva consentire di portare gettito alle casse dello Stato e al contempo di far rientrare posizione debitorie dei contribuenti morosi, ma l’impossibilità di distribuire i pagamenti lungo un arco temporale più ampio e adeguato, ha di fatto vanificato l’intento del provvedimento stesso. Adesso – conclude De Lise – serve un accordo che tenga conto dei numeri”.
Commercialisti, De Lise: “Sulla pace fiscale la ragione è nel mezzo”